La magia di Baker rivive nella tromba di Fresu

La quarta ed ultima serata al Teatro Romano del Sannio Music Fest #21, il nuovo format per l’estate sannita, ha visto protagonista Paolo Fresu in uno spettacolo teatrale che ha avuto un grande successo nella stagione 2019-2020, prima che le nostre vite avessero una svolta determinante per la pandemia.

“Tempo di Chet” è stato un modo per omaggiare e raccontare sia l’uomo che l’artista Chet Baker, che lo stesso Fresu ricorda, durante il concerto, come molto amato dal colto pubblico italiano.

Quello di Baker è stato un percorso travagliato, che si è intersecato con le sue vicende umane e lo splendido percorso artistico. Baker, infatti, ha dovuto più volte ricominciare nella sua carriera, fatta di “incidenti” (veri e provocati) che non hanno, comunque, offuscato la leggenda del cool-jazz. Alla sua magica tromba Baker alternava il canto a filo di voce , riuscendo a eseguire ballate dolci e sensuali, spesso malinconiche e indimenticabili.

Quante volte si potrebbero ascoltare, senza mai smettere, le sue versioni di brani come “You don’t know what love is” e “My funny Valentine”. Ed è proprio con una versione di “My funny Valentine”  che la serata ha inizio e non esiste più nulla intorno!

Il grande Dino Rubino, pianista in questo spettacolo ma anche talentuoso trombettista, inizia da solo con un ostinato dolce e malinconico a cui si aggiunge il sapiente intarsio del contrabbasso di Marco Bardoscia e, infine, subentra il tema principale della tromba di Fresu.

Si potrebbe continuare con un’ora di malinconia e dolcezza su questo classico e, invece, il trio si spinge in una parte che approda al be-bop e sfiora anche un po’ di free-jazz nella parte centrale, per poi tornare allo struggente tema principale in cui la tromba supplica Valentine di non andare mai più via. È quello il momento in cui l’amore e la musica bastano per descrivere tutto tenendo gli occhi chiusi.

Fresu & co propongono brani vari, tra standard spesso suonati da Baker (come “Basin’ Street Blues”) e nuove composizioni che provengono dalla penna di Bardoscia con “Fresing”, in particolare la ballata “Chat with Chet” del piano di Dino Rubino (che immagina una conversazione sul web col grande Chet) e la tromba di Paolo Fresu per l’inedito più incisivo della serata dal titolo “Hotel Universo”. Quest’ultimo è stato composto da Fresu dopo aver dormito una notte nella camera utilizzata dal trombettista americano in un albergo di Lucca.

Lo spettacolo teatrale termina con la voce registrata di Chet Baker che canta la stupenda “Blue Room”, solo voce a cappella, esprimendo un pathos senza paragoni. Il colore blu domina da sempre l’imma-gine dell’artista USA, nella lingua inglese è il colore del blues e, quindi, del dolore malinconico. Il trio decide, per questa serie di concerti dedicati alla sola parte musicale del testo teatrale “Tempo di Chet”, di accompagnare la voce di Baker mentre “piange” nella sua stanza mentale.

Il concerto sarebbe già perfetto così. Un’ora e un quarto abbondante di jazz ortodosso, spesso da ascoltare ad occhi chiusi, lasciando che sia la musica a rapire i sensi sognando di ascoltare dal vivo Baker, il vero faro della musica moderna, accompagnato da tre grandi musicisti.

Il pubblico presente, molto partecipe e numeroso, non si arrende a concludere la serata e chiama a gran voce il trio per il bis.

La magia si ripete ancora ed il folletto Paolo Fresu, nel regalare un brano di musica classica in versione jazz (“Abide with me”) che utilizza spesso nel suo repertorio di questi ultimi anni, decide di staccare la sua tromba dal microfono, saltare giù dal palco e suonare al centro della platea, ad un palmo di naso dalle prime file di spettatori, per finire con un trasporto ancora maggiore del solito.

Giusta chiusura per un concerto e una rassegna altamente coinvolgente.

Rino Pastore